Torna in scena, con la regia di Gabriele Russo, La grande magia, una delle opere più belle e travagliate di Eduardo, poco apprezzata dal pubblico al suo debutto nel 1948 ma riscoperta dopo la sua morte.
Ne La grande magia lo stile del grande commediografo napoletano incrocia temi pirandelliani, suggerendo interpretazioni psicologiche e filosofiche del testo: «Questa commedia nera – spiega Gabriele Russo – a tratti drammatica, così ambigua e scivolosa, non restringe il discorso sulla famiglia, ma si spinge senza retorica su un piano sospeso fra realtà e finzione, fra fede e disillusione, teatro e vita, vero e falso. Ciò che rende la commedia ancor più vicina al nostro tempo è il sentimento ossessivo del personaggio Calogero Di Spelta, un uomo smarrito in un mondo che sembra altrettanto confuso. Il suo desiderio di controllare la propria donna a tutti i costi, al punto di credere che sia rinchiusa in una scatoletta, rispecchia le sue paure, ma anche le incertezze e le ossessioni che permeano la nostra società».
I personaggi, pur essendo inizialmente presentati come burattini nelle mani del furbo mago Marvuglia, diventano a loro volta burattinai, amplificando la complessità e la fluidità dell’opera. Con questo spettacolo, che è anche un omaggio alla “grande magia” del teatro, Russo cerca di proiettare la tradizione eduardiana nel futuro: «Per esplorare nuove possibilità all’interno delle trame e dei temi, che inevitabilmente ci parlano diversamente settantasei anni dopo. D’altra parte fu proprio Eduardo ad usare la metafora della tradizione come trampolino».